“I can’t see ‘em comin’ down my eyes / so I gotta make the song cry” sono i versi di Song Cry, uno dei brani più influenti della discografia di Jay-Z. Parole che esprimono un profondo e doloroso sintomo dissociativo.
Quando le emozioni non vengono protette, stimolate, educate e curate, la persona non ha la capacità di gestirle, chiamarle per nome o esprimerle. Jay-Z, per una lunga e importantissima parte della sua vita, non è stato capace di esprimere la sua sofferenza e di condividerla con le persone della sua vita.
La dissociazione è una rottura della normale integrazione psicologica. C’è una compromissione della continuità di importanti funzioni psicofisiche, come memoria, percezione, rappresentazione corporea, comportamento e funzionamento emotivo. Il loro normale funzionamento integrato viene interrotto. La persona, ad esempio, fatica a distinguere passato e presente, vive una condizione di assenza di emozioni e non riesce a percepire il proprio corpo.
La causa di tutto ciò, molto spesso, può essere il trauma; vivere un trauma complesso, doloroso, sconvolgente, addirittura perpetuato nel tempo, può scatenare una dissociazione. Di fronte allo shock, la vittima tenta di proteggersi e la dissociazione è una strategia adattiva alla quale ci si aggrappa all’alba del trauma, nel tentativo di salvarsi dall’incubo. In pratica, si smette di sentire perché il dolore è troppo. La persona si dissocia dal trauma, che può essere dimenticato o rimosso, ma anche dal corpo, dalle emozioni, dalla storia personale, dalla propria coscienza. In prima battuta, la dissociazione salva, offre una via di scampo laddove è impossibile fuggire. All’indomani del trauma, però, c’è un conto da saldare: la vittima si ritrova privata della propria integrità.
Quella di Jay-Z, quando ancora si trattava soltanto di Shawn Corey Carter, è stata un’infanzia cosparsa di traumi. Negli anni Settanta e Ottanta, alcune aree della città di New York non vivono lo slancio economico e politico che continua a far pulsare il mito di Manhattan, ma sono protagoniste di un disagio sociale radicato. A Brooklyn, armi droga e morte dettano le regole della strada. È questo lo scenario di vita di Jay-Z, che nasce e cresce a Marcy Projects, nel cuore di questa violenza.
Mancano tanti elementi educativi decisivi: la presenza di un attaccamento sicuro, la garanzia di poter contare su figure di riferimento stabili e positive e la protezione di un ambiente familiare, amicale e sociale attento, stimolante, ricco. Marcy non è nulla di tutto ciò: le urgenze sono lo spaccio e i morti ammazzati.
Negli ultimi anni, Jay-Z ha parlato della sua storia raccontando che se il padre lo ha abbandonato a 11 anni e se la madre non ha saputo crescerlo è perché la vita è stata dura con tutti, senza risparmiare nessuno: il papà ha scelto di vendicare il fratello assassinato e ha lasciato la casa, la mamma, ventenne e sola, è stata costretta a tentare di proteggere quattro figli dalla giungla di Brooklyn. Risultato: il piccolo Shawn diviene presto spacciatore di crack a tempo pieno.
Per fotografare lo scenario Marcy Houses non serve altro. La vita di Jay-Z, però, può contare sullo spiraglio di luce che la salverà: la musica. L’occasione della vita è un viaggio per Londra per seguire un amico rapper. Durante il breve tempo oltreoceano, una retata della polizia sconvolge il quartiere newyorkese: più di trenta arresti gettano tra le sbarre i conoscenti di Jay-Z, tra cui il migliore amico. Al ritorno, Jay-Z decide di lasciare il crack; la vita di strada non conduce alla libertà, ma porta ad un bivio senza alternativa: la morte o il carcere, quindi la morte.
Dentro Song Cry c’è tanto di Jay-Z e dei suoi fantasmi traumatici. Nei versi più importanti, l’artista denuncia l’incapacità di far scorrere le lacrime sul proprio viso. L’emozione del dolore è così forte tanto da essere spenta perché mancano le risorse per affrontarla.
Da piccolo, quando Shawn si trovava in un vicolo o in un locale, aveva la capacità di intuire perfettamente se un estraneo aveva buone o cattive intenzioni, se portava con sé un’arma o se veniva in pace (caso più unico che raro). Sapeva stare sull’attenti, identificando il pericolo e scovando le possibilità di prevederlo; aveva sviluppato queste skills e questa tipologia di intelligenza sulla propria pelle, dopo aver assistito alle sparatorie e dopo essere stato vittima dei proiettili, ripetutamente. L’intelligenza emotiva, invece, quella non è mai stata allenata. Se manca il supporto di una base sicura, se non esistono le risorse emotive, allora il trauma e le sue vicissitudini accolgono la dissociazione, la preparano e fanno si che i suoi sintomi occupino il corpo e la psiche della persona.
Affermare di non riuscire a piangere, come Jay-Z grida in Song Cry, è allora l’immagine di un potente sintomo dissociativo. È l’incapacità di esprimere un’emozione allontanata e dissociata per via dell’impossibilità di ascoltarla.
La consulenza e/o sostegno psicologico e’ un intervento mirato ad aiutare la persona che sta attraversando momenti di particolare difficolta’ o di sofferenza e che necessita di nuove strategie o strumenti per ritrovare il benessere psicofisico, aumentando la consapevolezza di se’ e delle proprie risorse.
La consulenza sessuale e’ un intervento di supporto nei confronti di individui o coppie che vivono problematiche nell’esprimere o nel vivere la sessualita’, con l’obiettivo di comprenderle e di inquadrarle correttamente da un punto di vista diagnostico.
La sessualita’, spesso, e’ ancora un tabu’; in questo senso, la consulenza sessuale e’ una risorsa fondamentale per ristrutturare percezioni distorte o, piu’ semplicemente, per rispondere a richieste informative.
Non tutti i problemi complessi richiedono soluzioni complesse. A volte, e’ sufficiente inserire una variazione esterna per permettere al paziente di guardare il problema da un altro punto di vista. In questo senso, il supporto breve strategico interrompe le tentate soluzioni disfunzionali del paziente, cioe’ i comportamenti messi in atto nel tentativo di risolvere il problema, e le sostituisce con soluzioni piu’ funzionali e adattive.
“Il percorso analitico consiste nel divenire cio’ che si e’”. In queste parole di C.G. Jung, ci sono tutta la complessita’ e il fascino dell’analisi, cioe’ un cammino di conoscenza profonda. L’obiettivo e’ l’individuazione: conoscere se’ stessi e riconoscere specialmente quelle parti che preferiamo ignorare o allontanare, ma che comunque ci appartengono.