Trauma e Attaccamento

Il Ruolo della Relazione di Attaccamento nell’Elaborazione del Trauma
Foto Trauma e attaccamento 1

Dr. Riccardo Crippa
Psicologo

Nel corso della vita di tutti, la persona e’ esposta ad eventi traumatici di diverso tipo. Questo significa che, in ogni fase dell’esistenza, dall’infanzia fino all’eta’ adulta, tutti possono sperimentare e vivere avvenimenti negativi piu’ o meno intensi. Insomma, il tema del trauma e’ un elemento comune, ricorrente e, per certi versi, normale della vita dell’uomo. Quando qualcosa di brutto colpisce la persona, essa e’ chiamata ad affrontare l’ostacolo, ad elaborarlo, a dargli un significato e, infine, a superarlo. Tuttavia, tali passaggi non sono scontati. Il processo puo’ essere lungo, complesso e doloroso.

Di fronte a queste primissime riflessioni, e’ lecito porsi una domanda: quali sono i fattori, le variabili e le caratteristiche alleate o nemiche del processo di elaborazione del trauma? Bisogna scoprire cosa sostiene e favorisce tale processo e quali dinamiche lo ostacolano e lo impediscono. Una delle piu’ importanti risposte riguarda la relazione di attaccamento, cioe’ il nucleo del legame biologico tra il bambino e il suo caregiver, vale a dire la figura di riferimento della cura. Per definire precisamente cosa e’ attaccamento, non basta immaginare la qualita’ del legame, ma bisogna anche riflettere sulla funzione di tale legame. Infatti, oltre a garantire la sopravvivenza del neonato, l’attaccamento e’ la base dello sviluppo di regolazione sensoriale, affettiva, emotiva e sociale della persona. In pratica, il funzionamento futuro del bambino dipende, in buona parte, dalla sintonizzazione del bambino con la figura di riferimento, quindi dall’attaccamento.

Foto Trauma e attaccamento 2

Quando nasce, il bambino ha la necessita’ di avere qualcuno che si occupi di lui, che lo protegga, che lo stimoli e che risponda ai suoi bisogni. Nei suoi primi momenti, la vita del neonato dipende dall’attenzione del suo caregiver. L’adulto, allora, si fa promotore di un legame di sintonia unico e irripetibile; lo accarezza e lo coccola, impara a conosce cio’ che lo irrita, cio’ che lo innervosisce e cio’ che lo spaventa, gli parla e lo stimola, lo avvolge del suo odore e dei suoi profumi, crea momenti di condivisione, di gioco e di piacere, guida la scoperta del mondo esterno e lo stringe forte a se’. Cosi’ facendo, l’attaccamento non provvede solo alla sopravvivenza e alla sussistenza dell’immediato, ma offre molto di piu’ perche’ e’ qui che il bambino inizia a sviluppare e a coltivare il suo mondo interno. Tutto cio’ e’ possibile, perche’ la presenza e la stimolazione del caregiver si trasformano in una continua trasmissione di input. Gli studi neurologici spiegano che le stimolazioni arrivano alla base primordiale del sistema nervoso e, senza fermarsi, raggiungono le zone neurali piu’ recenti e piu’ sviluppate, come il sistema limbico e la corteccia, cioe’ quelle capaci di controllare la consapevolezza del se’, la regolazione emotiva, le capacita’ di pensiero, la connessione con gli altri, la curiosita’ e molto altro. Tutte queste aree cerebrali, se propriamente stimolate dall’attaccamento, possono crescere e svilupparsi. Se le cose vanno in questo modo, significa che il bambino puo’ contare su una base sicura; c’e’ quello che viene definito attaccamento sicuro. Tuttavia, non e’ sempre cosi’; il ruolo del caregiver e’ colmo di impegni e di responsabilita’ che, in alcuni casi e per varie ragioni, non vengono presi in carico. E’ lo scenario dell’assenza della base sicura: attaccamento insicuro. In questa situazione, la figura di riferimento del bambino e’ assente, distratta, confusa o addirittura violenta. Bisogna immaginare un caregiver insicuro, che non risponde ai bisogni, non provvede alla cura e non garantisce la sopravvivenza. E’ una mamma che non tocca il bambino, non lo coccola, non gli parla e non cerca di tranquillizzarlo mentre piange e fa i capricci. In questo scenario, come e’ facile dedurre, il bambino e’ privo di stimolazioni sensoriali, emotive e relazionali e lo sviluppo neuronale del suo mondo interno e’ compromesso, perche’ interrotto o, addirittura, neppure avviato. Le informazioni raggiungono il cervello primordiale e vengono rilegate in questa zona, senza avere la possibilita’ di procedere allo sviluppo limbico e corticale, cioe’ quello superiore. Il cervello non pensa, non riflette e non elabora, ma si limita a reagire attraverso i riflessi, che hanno lo scopo di rispondere alle minacce. Cosi’, il bambino cresce in uno stato di allerta, in cui non c’e’ spazio per lo sviluppo del se’ e del mondo esterno. Tutto e’ un pericolo da monitorare e da respingere e nulla e’ un’occasione per crescere e per imparare. Naturalmente, attaccamento sicuro e insicuro non solo gli unici due stili possibili; essi sono i poli opposti di un ampio ventaglio di possibilita’ in cui le sfumature delle relazioni di attaccamento sono molteplici.

Ma cosa c’entra tutto questo con il trauma e la sua elaborazione? Ebbene, la persona con un attaccamento sicuro dispone le risorse e gli strumenti necessari per affrontare un evento traumatico e per elaborarlo. Il percorso, e’ chiaro, rimane faticoso e carico di sofferenza, ma la persona puo’ contare sull’integrita’ del se’ e su di un’ampia finestra di tolleranza emotiva, cioe’ un ampio range di attivazione fisiologica ed emotiva entro il quale il soggetto puo’ elaborare e dare significato e risposta agli stimoli esterni. Puo’ contare, in altre parole, su tutto quello che la relazione sicura gli ha permesso di conoscere ed imparare. Viceversa, chi non ha potuto contare su una figura di attaccamento sicura non ha sviluppato una regolazione. L’esposizione al trauma e’ rischiosa. Nella maggior parte dei casi, questa tipologia di pazienti fa i conti con il disturbo dissociativo e con il PTSD, il disturbo post-traumatico da stress. La persona non dispone degli strumenti che gli permetterebbero di fare del suo meglio.

Quando si verifica un evento doloroso, il trauma non colpisce la persona solamente nel momento del presente. Esso si addentra nella storia e nel passato di chi e’ chiamato ad affrontarlo e riesce a risalire fino ai primissimi momenti di vita. Il legame di attaccamento corrisponde a quell’elemento capace di sostenere o mettere a serio rischio il modo in cui la persona risponde al trauma.

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